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Tar Lazio. Se il videogioco in un bar è irregolare, giusta la sospensione della licenza per l’apparecchio, ma non di quella per la somministrazione
10/1/2014 - Fonte: Jamma
(Jamma) – Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Ter) ha pronunciato sentenza sul ricorso di un terzo incaricato della raccolta rappresentato e difeso dagli avv. Alessandro Bianchini, Stefano Rossi, contro la Questura di Roma per l’annullamento del provvedimento emesso dal Questore di Roma con il quale è stata disposta la sospensione per la durata di giorni 5 (cinque) delle licenze con conseguente chiusura dell’esercizio di somministrazione di bevande e alimenti.
Il Tribunale amministrativo regionale del Lazio sez. I^ ter ha respinto il ricorso proposto relativamente alla sospensione della licenza del videogioco e lo ha accolto limitatamente alla sospensione della licenza di somministrazione di bevande e alimenti.
Il titolare di un esercizio pubblico presso il quale risultava collocato un videogioco denominato “Triple Egypt”, è stato destinatario di un provvedimento di sospensione per cinque giorni delle licenze di cui è titolare con conseguente chiusura dell’esercizio, per violazione dell’articolo 110 del TULPS. Il videogioco, a seguito di un accertamento svolto dalla P.S., infatti, è risultato corrispondente ad un altro videogioco denominato “Secret of Pyramid” espressamente vietato dall’Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato perché contraddistinto dalla presenza di elementi aleatori non consentiti dall’articolo 110, comma 7, lettera c) TULPS che ammette, invece, apparecchi per il gioco lecito, cioè, quelli basati sulla sola abilità fisica, mentale e strategica, che non distribuiscono premi e la cui durata può variare in relazione all’abilità del giocatore. Il ricorrente, titolare dell’esercizio, è stato deferito all’A.G. per i reati di cui all’articolo 110, comma 9 del predetto TULPS e il sequestro del videogioco è stato convalidato, dalla predetta Autorità. «Con il gravame all’esame il ricorrente lamenta di non essere stato ascoltato dal responsabile del procedimento che si è concluso con l’adozione dell’atto gravato, malgrado una sua espressa richiesta in tal senso. Sul punto l’Amministrazione replica affermando che malgrado il legale del ricorrente fosse stato invitato a prendere contatti con l’ufficio per fissare un appuntamento lo stesso non vi aveva dato seguito. Nel testo del provvedimento gravato si legge poi, che il ricorrente ha fornito giustificazioni che non sono state ritenute tali da consentire un diverso esito del procedimento, con ciò rivelando che quell’apporto partecipativo di cui, al contrario, si lamenta la mancanza, vi sarebbe stato. Ciò precisato, il Collegio rileva che, in ogni caso, ai sensi dell’articolo 21 octies, comma 2, della legge n. 241 del 1990, il provvedimento amministrativo che non ha natura vincolata, non è comunque annullabile per mancata comunicazione dell’avvio del procedimento qualora l’amministrazione dimostri in giudizio che il contenuto di tale provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato. (CdS III sezione, n. 3586 del 2014) Nel caso di specie non è mancato l’invio dell’avviso di avvio del procedimento ma, stando alle argomentazioni del ricorrente, la sua audizione. Si tratta di situazione che può essere equiparata alla prima con la conseguenza che la giurisprudenza richiamata può ritenersi applicabile tanto più perché il ricorrente medesimo non fornisce argomentazioni capaci di dimostrare che il contenuto dell’atto finale impugnato sarebbe stato diverso nel caso di un suo apporto partecipativo. Nel merito, parte ricorrente precisa che “la scheda elettronica alloggiata all’interno del videogioco sequestrato è munita di scheda esplicativa delle caratteristiche funzionali commissionata dalla società produttrice prima dell’immissione nel mercato italiano e da nulla osta di messa in esercizio rilasciato dall’Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato” e che gli accertamenti effettuati dagli agenti non avrebbero valenza di prova essendo stati eseguiti da soggetti privi delle adeguate conoscenze tecniche. Solo il processo penale, a suo avviso, sarebbe il luogo per lo svolgimento di un tale accertamento. Ritiene, in buona sostanza, che le valutazioni svolte dalla polizia di Stato avrebbero soltanto la consistenza di meri sospetti, inidonei ad incidere sullo svolgimento di un’attività economica potendo determinare un tale effetto soltanto una sentenza penale di condanna.
Tutte le argomentazioni appena sopra riportate sono infondate.
Il potere esercitato nell’atto gravato è quello attribuito al Questore dai commi 10 e 11 dell’articolo 110 del TULPS, che recitano:
“ 10. Se l’autore degli illeciti di cui al comma 9 è titolare di licenza ai sensi dell’articolo 86, ovvero di autorizzazione ai sensi dell’articolo 3 della legge 25 agosto 1991, n. 287, le licenze o autorizzazioni sono sospese per un periodo da uno a trenta giorni e, in caso di reiterazione delle violazioni ai sensi dell’articolo 8-bis della legge 24 novembre 1981, n. 689, sono revocate dal sindaco competente, con ordinanza motivata e con le modalità previste dall’articolo 19 del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616, e successive modificazioni. I medesimi provvedimenti sono disposti dal questore nei confronti dei titolari della licenza di cui all’articolo 88.
11. Oltre a quanto previsto dall’articolo 100, il questore, quando sono riscontrate violazioni di rilevante gravità in relazione al numero degli apparecchi installati ed alla reiterazione delle violazioni, sospende la licenza dell’autore degli illeciti per un periodo non superiore a quindici giorni, informandone l’autorità competente al rilascio. Il periodo di sospensione, disposto a norma del presente comma, è computato nell’esecuzione della sanzione accessoria.”
Come si vede, si tratta di un potere teso all’adozione di provvedimenti cautelari, finalizzati alla tutela dell’ordine pubblico e della sicurezza dei cittadini contro qualunque cosa o chiunque possa minacciarli.
Un potere, quindi, preventivo e cautelare, del tutto distinto da quello riservato all’Autorità giudiziaria alla quale compete accertare la sussistenza o meno di elementi di reato e non tutelare, anche con l’adozione di misure preventive, l’ordine pubblico.
Quanto alla irregolarità del videogioco installato nell’esercizio del ricorrente osserva il Collegio che al di là di quanto statuito dalla Suprema Corte, secondo cui “Qualora il pubblico ufficiale attesti nel verbale che i videogiochi installati presso un esercizio commerciale presentano dispositivi a led ottici, tale accertamento è coperto da fede privilegiata.” (Cassazione Civile, sezione VI, n.21202 del 2012) è lo stesso ricorrente, che nei motivi aggiunti proposti riferisce di aver disattivato il gioco, a dimostrare di avere ritenuto il video gioco in questione, irregolare.
Né assume rilievo la circostanza dedotta nei predetti motivi aggiunti secondo la quale “ al momento del controllo (l’apparecchio) era spento e con apposto un cartello recante la scritta “in attesa di rimozione”
Secondo quanto accertato, in sede di controllo, dall’Autorità di polizia, infatti, il predetto apparecchio risultava perfettamente funzionante mediante il semplice collegamento di un cavo di alimentazione.
Ciò chiarisce che, pur consapevole dell’irregolarità del mezzo, il ricorrente non ha usato le cautele necessarie per evitarne l’utilizzo da parte di avventori.
Ne consegue che il provvedimento gravato non si rivela illegittimo nella parte in cui sospende la licenza riguardante il videogioco in questione.
A diversa conclusione deve invece pervenirsi sulla chiusura dell’esercizio di somministrazione di alimenti e bevande disposta con il medesimo atto impugnato e fondata sull’assunto che “il possesso della licenza di somministrazione di alimenti e bevande è condizione necessaria, …per il rilascio di quella dell’installazione di videogiochi e che le garanzie richieste per la prima si ritengono prodromiche e presupposto per una condotta che determini e consenta l’emissione della seconda” seguita dalla conclusione che la violazione contestata viene a minare i presupposti di impegno per una corretta gestione dell’attività imprenditoriale e pertanto giustifichi la sospensione di entrambe le licenze.
In realtà il provvedimento in esame, per la parte che riguarda la sospensione della licenza relativa al videogioco, trova la sua giustificazione, secondo quanto prima precisato, nella irregolarità di tale apparecchio e nei provvedimenti conseguenti previsti dal TULPS per fattispecie come quella in esame, mentre la sospensione della licenza di somministrazione di alimenti e bevande non trova nelle medesime norme il suo fondamento.
La licenza di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande è qualificabile come autorizzazione di polizia e, in quanto tale, è soggetta alle misure sanzionatorie (sospensione o revoca) previste in generale dall’art. 10, t.u.l.p.s. in caso di abuso. (TAR Campania, Napoli, sezione III n. 2102 del 2011; TAR della LIGURIA, Genova, sezione II n. 543 del 2008).
Sennonchè nel caso in esame l’accertamento delle irregolarità riguarda esclusivamente il videogioco installato nell’esercizio mentre nessuna censura per abuso dell’esercizio di somministrazione bevande ed alimenti risulta sollevata.
Va, invero, osservato che “Le disposizioni di cui agli artt. 8-13 del T.U. 18 giugno 1931 n. 773, comportano una sfera di discrezionalità dell’autorità di P.S. in ordine al diniego o alla revoca delle licenze o autorizzazioni ivi contemplate, salva l’esigenza di una adeguata motivazione al riguardo.” (CdS, sezione IV, n. 221 del 28-03-1990) e tale motivazione, nel caso di specie, non risulta rinvenibile.
Il ricorso deve essere, pertanto, respinto relativamente alla sospensione della licenza del videogioco e accolto limitatamente alla sospensione della licenza di somministrazione di bevande e alimenti.»
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