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Consiglio di Stato: “Illegittimo il diniego all’apertura di una sala giochi se la normativa non è adeguata”
10/2/2014 - Fonte: Jamma
(Jamma) Il Consiglio di Stato ha rigettato il ricorso presentato dalla Provincia di Bolzano contro la pronuncia del Tar che ha dichiarato la illegittimità di un diniego all’apertura di una sala giochi. La Provincia di Bolzano può limitare sì l’offerta di gioco sul territorio, ma applicando la normativa adeguata.
L’appellante Provincia Autonoma di Bolzano riferisce che, con ricorso proposto dinanzi al Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa – Sezione Autonoma di Bolzano e recante il n.170/2009, la signora Eleonore Pernstich, premesso di aver presentato un’istanza volta al rilascio dell’autorizzazione ad aprire una sala giochi nel Comune di Bressanone, in via Roma, 1, aveva impugnato il provvedimento in data 16 gennaio 2009 con il quale l’istanza in questione era stata respinta (nonché il provvedimento con cui era stato respinto il ricorso gerarchico proposto avverso il primo diniego).
Con il provvedimento in data 16 gennaio 2009 (fatto oggetto dell’impugnativa di primo grado) la Provincia Autonoma di Bolzano ha respinto l’istanza, ritenendo che essa si ponesse in contrasto con il pertinente quadro normativo provinciale (e, segnatamente, con l’articolo 4 della legge provinciale n. 13 maggio 1992, n. 13 – ‘Norme in materia di pubblico spettacolo’ -).
In particolare, la Provincia appellante osservava che “(…) l’autorizzazione può essere rilasciata qualora nell’area interessata sia presente un’adeguata richiesta. Attualmente sono 3 le sale giochi in funzione a Bressanone. Inoltre numerosi esercizi della città hanno installato apparecchi di gioco automatici, i quali sono componenti essenziali di una singola sala giochi. La domanda ossia il fabbisogno di sale giochi in città è dunque ampiamente soddisfatto attraverso una vasta offerta di luoghi di intrattenimento di questo tipo, cosicché non esiste interesse pubblico di ulteriori sale da giochi (…)”.
Il provvedimento in questione veniva impugnato dalla signora Pernstich dinanzi al Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa – Sezione Autonoma di Bolzano il quale, con la sentenza oggetto del presente appello lo accoglieva e, per l’effetto, annullava il provvedimento provinciale di diniego.
La sentenza in questione è stata impugnata in appello dalla Provincia Autonoma di Bolzano la quale ne ha chiesto la riforma articolando plurimi motivi.
Con un primo motivo (‘Travisamento dei fatti, motivazione erronea e/o insufficiente su un punto decisivo, violazione e/o falsa applicazione dell’articolo 4 della legge provinciale 13 maggio 1992, n. 13 (‘Norme in materia di pubblico spettacolo’ e della legge provinciale 14 dicembre 1988, n. 58 (‘Norme in materia di esercizi pubblici’)’) l’appellante lamenta che del tutto erroneamente i primi Giudici avrebbero ritenuto nel caso di specie non applicabile la previsione di cui al comma 1, lettera a) della legge provinciale n. 13 del 1992 (la quale indica i presupposti, le condizioni e i limiti per il rilascio “delle autorizzazioni per lo svolgimento degli spettacoli” disciplinati dalla medesima legge).
Allo stesso modo, la sentenza in epigrafe sarebbe meritevole di riforma:
- per la parte in cui ha interpretato le pertinenti disposizioni del T.U.L.P.S. (regio decreto 18 giugno 1931, n. 773), ritenendo di tracciare una netta distinzione fra: i) (da un lato) l’esercizio degli spettacoli e dei trattenimenti pubblici (ivi disciplinati agli articoli 68 e seguenti) e ii) (dall’altro) l’attività relativa agli esercizi pubblici in senso proprio (ivi disciplinata agli articoli 86 e seguenti), al cui ambito sarebbe ascrivibile l’esercizio delle sale giochi;
- per la parte in cui ha ritenuto che l’esercizio dell’attività di sala giochi nel territorio della provincia di Bolzano sarebbe essenzialmente contenuto nella legge provinciale n. 58 del 1988 (‘Norme in materia di esercizi pubblici’) e solo marginalmente nella legge provinciale n. 13 del 1992 (i.e.: nelle sole parti in cui tale legge si riferisce in modo espresso all’attività di sala giochi). Al contrario, la corretta interpretazione della legge provinciale n. 13 del 1992, cit. sarebbe nel senso di includere nell’ambito disciplinato anche l’attività delle sale giochi, in tal modo rendendo applicabili anche a tale attività le condizioni e le limitazioni di cui all’articolo 4 della legge in questione;
- per la parte in cui ha omesso di considerare che la materia delle sale giochi, nel territorio della provincia di Bolzano, rinviene una disciplina puntuale nelle pertinenti disposizioni statutarie (articolo 9, comma 1, cifre 6) e 7)).
Ed ancora, i primi Giudici avrebbero erroneamente omesso di considerare che sia la legislazione statale, sia quella provinciale tendano ad utilizzare l’endiadi ‘spettacoli e trattenimenti pubblici’ secondo un’accezione tendenzialmente onnicomprensiva, sì che l’attività delle sale giochi, pur non essendo pacificamente riconducibile all’attività di spettacolo, sarebbe nondimeno riconducibile alla vasta nozione dell’attività di trattenimento, in tal modo rendendo applicabili le previsioni di cui alla più volte richiamata legge provinciale n. 13 del 1992.
Non a caso, il comma 1 dell’articolo 1 della legge provinciale in questione, nell’individuare il relativo ambito di applicazione, vi ha incluso “l’esercizio di sale da ballo, da bigliardo, da giochi e di attrazione”, in tal modo mostrando ancora una volta di accedere a una nozione quanto mai estesa del termine ‘spettacolo ed intrattenimento’.
In definitiva, la corretta interpretazione della richiamata legge provinciale dimostrerebbe “che la locuzione ‘spettacoli pubblici’, figurante nella legge, non va intesa in senso restrittivo, bensì in senso lato, in modo da ricomprendere tutte le occasioni di intrattenimento che soggiacciono allo stesso regime degli spettacoli (spettacoli, intrattenimenti e giuochi di qualsiasi genere), in materia di ordine pubblico, sicurezza pubblica e polizia amministrativa” (ricorso in appello, pag. 15).
La provincia appellante, poi, osserva che, laddove si accedesse alla limitativa tesi proposta dai primi Giudici, si perverrebbe all’incongrua conseguenza di ritenere non applicabili all’esercizio delle sale giochi alcune importanti disposizioni della legge provinciale n. 13, cit., e in particolare:
a) l’articolo 5, comma 4, in tema di revoca dell’autorizzazione amministrativa;
b) l’articolo 7, in tema di ‘costruzione e verifica dei locali di pubblico spettacolo’.
Del resto, laddove si accedesse all’interpretazione proposta dai primi Giudici (secondo cui la legge provinciale n. 13 del 1992 risulterebbe applicabile all’esercizio delle sale giochi per i soli profili inerenti le ragioni poste a tutela della quiete pubblica e dell’ambiente), si giustificherebbe “una visione del tutto miope ed asfittica dell’interesse collettivo che la potestà legislativa della Provincia autonoma, in detta materia deve salvaguardare” (ricorso, cit., pag. 17).
Ed ancora, i primi Giudici avrebbero erroneamente omesso di considerare che – a tutto concedere – può ritenersi che la legge provinciale disciplini l’esercizio dell’attività di sala giochi nelle sole ipotesi in cui nei medesimi locali sia altresì svolta l’attività di somministrazione di alimenti e bevande e non anche nell’ipotesi in cui nei medesimi locali tale attività non sia svolta.
E tale mancata valutazione comporterebbe gravi lacune disciplinari, in particolare per ciò che riguarda la disciplina applicabile in ordine alla verifica dell’idoneità dei locali (che la legge provinciale del 1992 disciplina all’articolo 4, primo comma, lettera b)).
Con il secondo motivo (‘Motivazione erronea e/o insufficiente su un punto decisivo, travisamento della legge provinciale n. 13/1992 in riferimento all’articolo 41 della Costituzione’) l’appellante chiede la riforma della sentenza in epigrafe per la parte in cui ha affermato che l’esercizio dell’attività di sala giochi, in quanto attività economica, non potrebbe in via di principio essere sottratta al principio della libertà d’impresa e di tutela della concorrenza, non considerando in modo adeguato che la Provincia di Bolzano dispone, a termini di Statuto di autonomia, del potere di disciplinare – anche in modo restrittivo – un fenomeno potenzialmente foriero di tendenze antisociali.
Allo stesso modo, i primi Giudici avrebbero omesso di considerare che il (pur necessario) riconoscimento del diritto di libertà di impresa di cui all’articolo 41, Cost. non può comunque giustificare l’espansione illimitata delle prerogative proprietarie, le quali devono comunque essere necessariamente coniugate con i necessari interventi atti a limitare che l’illimitato e incondizionato esercizio del gioco possa sortire “insidie sul piano sociale, educativo e comportamentale”.
Con il terzo motivo (‘Decisione oltre i limiti del giudizio di legittimità, travisamento dei fatti, motivazione erronea e/o insufficiente su un punto decisivo, violazione e/o falsa applicazione dell’articolo 7 della legge provinciale 22 ottobre 1993, n. 17’) la Provincia appellante chiede la riforma della sentenza in epigrafe per la parte in cui ha ritenuto che il diniego impugnato in primo grado fosse viziato per difetto di istruttoria e di motivazione in relazione al complesso delle circostanze rilevanti ai fini della scelta relativa all’apertura o meno di una nuova sala giochi.
Al contrario, il provvedimento provinciale di diniego (peraltro, di contenuto conforme rispetto al parere negativo reso dal Comune di Bolzano) sarebbe giunto all’esito di un’analisi del tutto adeguata delle pertinenti circostanze in fatto, anche in considerazione del fatto che i locali in cui era prevista l’apertura della nuova sala giochi sono vicinissimi al cimitero della città e al Centro di salute mentale dei Servizi sanitari.
Con il quarto e ultimo motivo (‘Decisione oltre i limiti del giudizio di legittimità, travisamento dei fatti, motivazione erronea e/o insufficiente su un punto decisivo, violazione e/o falsa applicazione del decreto del direttore generale dell’Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato dd. 27 ottobre 2003’), la Provincia appellante lamenta che i primi Giudici non abbiano neppure esaminato le prescrizioni contenute nel decreto del direttore generale dell’Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato dd. 27 ottobre 2003 il quale determina il numero massimo di apparecchi e congegni di cui all’articolo 110 del T.U.L.P.S. che possono essere installati presso esercizi pubblici, circoli privati e punti di raccolta di altri giochi autorizzati.
In definitiva, i primi Giudici non avrebbero preso in considerazione un atto il quale testimonia a propria volta che l’Ordinamento (nelle sue diverse articolazioni) non ammette una indiscriminata e indifferenziata espansione delle occasioni di accesso al gioco.
Alla pubblica udienza del 24 giugno 2014 il difensore dell’appellante ha rassegnato le proprie conclusioni e il ricorso è stato trattenuto in decisione
DIRITTO
1. Giunge alla decisione del Collegio il ricorso in appello proposto dalla Provincia Autonoma di Bolzano avverso la sentenza del Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa – Sezione Autonoma di Bolzano con cui è stato accolto il ricorso proposto dalla signora Pernstich (che aveva presentato una domanda finalizzata all’apertura di una sala giochi nel Comune di Bressanone) e, per l’effetto, è stato annullato il provvedimento con cui la Provincia appellante aveva respinto la sua istanza.
2. L’appello è infondato.
2.1. Al riguardo il Collegio osserva che la sentenza in epigrafe risulta meritevole di conferma laddove ha escluso che l’amministrazione provinciale potesse legittimamente fondare il provvedimento di diniego impugnato in primo grado sulle previsioni di cui all’articolo 4 della legge provinciale n. 13 del 1992.
In particolare, i primi Giudici hanno condivisibilmente osservato
- che, nella generale disciplina statale di cui ai capi II e III del titolo III del regio decreto 18 giugno 1931, n. 773 (c.d. ‘T.U.L.P.S.’), le sale da biliardo o da gioco costituiscono certamente ‘esercizi pubblici’ ai sensi dell’articolo 86 del medesimo decreto, la cui disciplina resta distinta rispetto a quella degli spettacoli e dei trattenimenti pubblici di cui agli articoli da 68 a 85-bis del medesimo testo unico (nell’ambito della Provincia la disciplina Autonoma di Bolzano, la disciplina degli esercizi pubblici, contemplata dall’articolo 9, primo comma, cifra 7) dello Statuto di autonomia, è dettata dalla legge provinciale 14 dicembre 1988, n. 58);
- che, pur essendo innegabile che la legge provinciale n. 13 del 1992 disciplini sia la materia degli spettacoli, sia quella delle sale giochi, è nondimeno innegabile che essa non giunga mai – contrariamente a quanto in sostanza affermato dalla Provincia appellante – ad equiparare o assimilare ai fini disciplinari i primi alle seconde;
- che, in particolare, la richiamata legge provinciale tiene ben distinti: (da un lato) “lo svolgimento, in luogo pubblico o aperto al pubblico, di rappresentazioni teatrali e cinematografiche, di recite, intrattenimenti, manifestazioni sportive, spettacoli viaggianti, esposizioni e spettacoli simili, nonché l’ esercizio di sale da ballo, da bigliardo, da giochi e di attrazione” – comma 1 – e (dall’altro) “l’esercizio di sale da ballo, da bigliardo, da giochi e di attrazione” – comma 2 -, limitandosi (per quanto riguarda tale secondo novero di attività) a stabilire che il Presidente della Provincia “col medesimo provvedimento autorizza, ai sensi della legge provinciale 14 dicembre 1988, n. 58, e successive modifiche, anche la somministrazione di cibi e bevande”;
- che, pertanto, non emergono effettive ragioni sistematiche o testuali idonee ad estendere al settore delle sale da gioco talune prescrizioni (quelle di cui all’articolo 4 della più volte richiamata legge provinciale – e sulla cui base risulta adottato il provvedimento impugnato in primo grado -) espressamente dettate per la sola (e diversa) disciplina degli spettacoli.
2.2. Ora, la tesi della Provincia di Bolzano (secondo cui il Legislatore provinciale avrebbe percorso una strada di sostanziale unificazione disciplinare fra le attività di intrattenimento – comprensive dei giochi – e quelle relative agli spettacoli in senso proprio), oltre a risultare di dubbia persuasività sotto il profilo sistematico, non sembra comunque rinvenire adeguato conforto nelle previsioni testuali della più volte richiamata legge provinciale (il che osta in radice all’accoglimento delle tesi dell’appellante atteso che, ai sensi dell’articolo 12 disp. prel. cod. civ., gli esiti del ricorso al criterio dell’interpretazione letterale precludono, laddove esaustivi, il ricorso ad ulteriori e sussidiari criteri interpretativi quale quello sistematico che qui viene invocato – in tal senso: Cons. Stato, VI, 16 settembre 2013, n. 4557; id., VI, 2 marzo 2011, n. 1297 -).
Si osserva al riguardo che il comma 1 dell’articolo 1 della legge provinciale del 1992 (secondo cui “la presente legge disciplina lo svolgimento, in luogo pubblico o aperto al pubblico, di rappresentazioni teatrali e cinematografiche, di recite, intrattenimenti, manifestazioni sportive, spettacoli viaggianti, esposizioni e spettacoli simili, nonché l’esercizio di sale da ballo, da bigliardo, da giochi e di attrazione”) riferisce in modo espresso il termine ‘spettacoli’ al complesso delle attività indicate nella prima parte del comma (prima della congiunzione ‘nonché’) e fino alla formula di chiusura “e spettacoli simili” la quale, evidentemente, esclude le attività elencate nella seconda parte del comma (fra cui le attività delle sale da giochi).
Pertanto, in base a tale (necessitata) ricostruzione esegetica:
a) resta accomunato nella nozione di ‘spettacoli’ “lo svolgimento, in luogo pubblico o aperto al pubblico, di rappresentazioni teatrali e cinematografiche, di recite, intrattenimenti, manifestazioni sportive, spettacoli viaggianti, esposizioni e spettacoli simili”, mentre
b) resta al di fuori di tale nozione l’ulteriore novero di attività pure indicate dal richiamato comma 1, con particolare riguardo “ [all’]esercizio di sale da ballo, da bigliardo, da giochi e di attrazione”.
L’interpretazione appena delineata rinviene una puntuale conferma nell’ambito del successivo comma 2, il quale rappresenta un evidente continuum rispetto alle previsioni di cui al comma 1 (ai sensi del comma 2, infatti, “lo svolgimento di spettacoli in luogo pubblico o aperto al pubblico organizzati nell’esercizio di attività imprenditoriale e l’esercizio di sale da ballo, da bigliardo, da giochi e di attrazione è soggetta all’autorizzazione del Presidente della giunta provinciale o del sindaco competente per territorio secondo la ripartizione delle competenze stabilite negli articoli successivi. Con il medesimo provvedimento viene autorizzata in base alla legge provinciale 14 dicembre 1988, n. 58, la somministrazione di cibi e bevande” – si tratta della formulazione rationetemporis rilevante, prima delle modifiche apportate dal comma 1 dell’articolo 1 della legge 17 settembre 2013, n. 17).
Anche in questo caso, la formulazione della disposizione testimonia l’esistenza di una distinzione piuttosto netta fra:
a) (da un lato,) “lo svolgimento di spettacoli in luogo pubblico o aperto al pubblico” (si tratta di un novero di attività che evidentemente include, ai sensi del precedente comma 1, “le rappresentazioni teatrali e cinematografiche, le recite, gli intrattenimenti, le manifestazioni sportive, gli spettacoli viaggianti, le esposizioni e gli “spettacoli simili” e
b) (dall’altro,) “l’esercizio di sale da ballo, da bigliardo, da giochi e di attrazione” che, in modo simmetrico rispetto a quanto previsto dal precedente comma 1, resta evidentemente al di fuori della (pur ampia) nozione di ‘spettacoli’.
Da ciò consegue in modo piuttosto evidente che la previsione di cui al successivo comma 1 dell’articolo 2 (la quale disciplina “il rilascio delle autorizzazioni per lo svolgimento degli spettacoli”) resta riferita al solo novero delle attività di spettacolo in senso proprio, così come restano riferite soltanto a tali attività le disposizioni dei successivi articoli (fra cui, in particolare, quella dell’articolo 4) che in modo espresso fanno riferimento all’autorizzazione di cui all’articolo 2, cit..
Già sotto tale aspetto risulta pienamente confermata la deduzione dei primi Giudici secondo cui, se è pur vero che la legge provinciale del 1992 ha, sotto numerosi aspetti disciplinato sia l’attività di ‘spettacolo’ in senso proprio, sia un diverso novero di attività di ‘intrattenimento’ (fra cui l’attività delle sale giochi che qui viene in rilievo), nondimeno essa ha omesso di operare alcuna commistione concettuale fra le richiamate nozioni. Ne consegue che, nelle ipotesi in cui il legislatore regionale ha disciplinato taluni fenomeni facendo espresso riferimento alle sole attività di ‘spettacolo’ (come nell’articolo 4, la cui corretta interpretazione è dirimente ai fini del decidere), deve correttamente ritenersi che tali disposizioni restino confinate al solo ambito delle attività di spettacolo in senso proprio, non essendo corretto estenderne la portata dispositiva ad attività diverse (quali quelle relative alle sale da gioco).
2.3. Si osserva oltretutto che non rinviene alcun conforto testuale la tesi dell’appellante secondo cui il sistema normativo provinciale (e, segnatamente, la più volte richiamata legge provinciale n. 13 del 1992, la quale presenterebbe in parte qua punti di contatto con la disciplina fiscale di cui al decreto legislativo 26 febbraio 1999, n. 60) ricondurrebbe alla vasta nozione di ‘attività di intrattenimento’ l’esercizio delle sale da gioco, in tal modo rendendo applicabile ad essa –inter alia – le previsioni di cui all’articolo 4, cit.
Al riguardo ci si limita ad osservare:
- che la normativa provinciale della cui applicazione qui si discute non menziona mai la nozione di ‘attività di intrattenimento’ invocata dall’amministrazione appellante;
- che, anche ad ammettere (denegata ipotesi) l’esistenza, nell’ambito della normativa provinciale di una sorta di endiadi disciplinare ‘intrattenimenti/spettacoli’ e anche ad ammettere che l’esercizio delle sale da gioco rientri nella prima di tali nozioni, nondimeno è pacifico in atti che la previsione di cui all’articolo 4 risulti riferita in modo espresso alle sole attività di ‘spettacolo’ (e non anche alle ulteriori e comunque diverse attività di ‘intrattenimento’ in senso lato).
Ancora una volta, quindi, l’esame della pertinente disciplina legislativa induce ad escludere (e in senso contrario rispetto a quanto sostenuto dalla Provincia di Bolzano) che le limitazioni e le condizioni dettate dall’articolo 4 della legge provinciale n. 13 del 1992 possano essere riferite anche alle attività di esercizio delle sale giochi.
Né a conclusioni diverse rispetto a quelle sin qui delineate può giungersi in considerazione delle lacune disciplinari che si determinerebbero laddove si accedesse alle tesi affermate dai primi Giudici e qui puntualmente confermate (e al cui esame sono dedicate le pagine da 15 a 19 dell’atto di appello che si concentrano, in particolare, sulle previsioni di cui agli articoli 5, comma 4 e 7 della legge provinciale n. 13 del 1992).
A tacer d’altro, si osserva al riguardo che – anche in questo caso – l’opzione interpretativa proposta dall’amministrazione appellante mira, in ultima analisi, a conferire prevalenza ad argomenti ermeneutici di carattere sistematico ed integrativo (postulando, a ben vedere, una sorta di integrazione ‘ortopedizzante’ del pertinente paradigma normativo provinciale), ma che tale operazione resta ancora una volta preclusa dagli esiti non equivoci cui si perviene all’esito del ricorso al criterio dell’interpretazione letterale.
Del resto, l’operazione di carattere manipolativo ed additivo suggerita dall’amministrazione appellante non solo conferma quanto in precedenza rilevato (ossia, che – anche nella legge provinciale n. 13 del 1992 – la nozione di spettacoli non include l’attività di esercizio delle sale da gioco), ma, a ben vedere, conferma in modo espresso tali rilievi, laddove si limita a sottolineare le conseguenze che da tale mancata inclusione derivano.
In definitiva, l’operazione interpretativa auspicata dalla Provincia di Bolzano mira a gravare la sede giurisdizionale di un compito non proprio (quale quello di integrare un dato normativo incompleto e lacunoso) anche laddove tale compito risulti precluso dalle statuizioni comunque univoche ed intellegibili del medesimo dato normativo.
2.4. Anche per tali ragioni il primo motivo di ricorso deve essere respinto.
3. Le ragioni esposte retro, sub 2 risultano già di per sé sufficienti a supportare le reiezione del ricorso e rendono irrilevante ai fini del decidere l’esame del secondo motivo di appello con il quale si è chiesta la riforma della sentenza in epigrafe per la parte in cui – come anticipato in narrativa – ha stabilito che l’esercizio dell’attività di sala giochi, in quanto attività economica, non potrebbe in via di principio essere sottratta al principio della libertà d’impresa e di tutela della concorrenza.
Al riguardo ci si limita ad osservare che i primi Giudici non hanno al riguardo affermato (contrariamente a quanto affermato dalla Provincia appellante) l’assoluta e incondizionata espansione dei principi di libertà d’iniziativa economica privata e di tutela della concorrenza nel settore che qui interessa e, correlativamente, l’incondizionata cedevolezza dei diversi valori alla cui tutela mirano, nel loro complesso, le disposizioni di legge provinciale della cui applicazione si discute.
Al contrario, la richiamata sentenza ha affermato che i principi in questione ben possano (rectius: debbano) coordinarsi con altre esigenze le quali possano giustificare la fissazione di limiti e prescrizioni a tutela del pubblico interesse (viene correttamente richiamata, al riguardo, la giurisprudenza – anche di questo Consiglio – che ha giustificato, in particolare, l’imposizione di limiti e prescrizioni fondati – fra l’altro – sulle complessive caratteristiche dello stato dei luoghi destinati ad accogliere le nuove installazioni di gioco).
Il punto è che, in relazione al passaggio motivazionale contestato con il secondo motivo di appello, i primi Giudici hanno escluso la possibilità di basare il diniego del titolo abilitativo all’apertura di una nuova sala giochi sul mero presupposto della preesistenza di analoghi esercizi (sentenza, cit., pag. 11).
Si tratta, a ben vedere, di un motivo di accoglimento che risulta ‘assorbito’ dalla circostanza (dinanzi esaminata sub 2) secondo cui, in ogni caso, il pertinente quadro normativo (in particolare: l’articolo 4 della più volte richiamata legge provinciale n. 13 del 1992) non avrebbe comunque consentito di fondare il provvedimento di diniego in modo esclusivo sulla consistenza della domanda di analoghe attività esistente nell’area interessata.
Per le medesime ragioni appena esposte, neppure assume rilievo ai fini del decidere il la sentenza della Corte costituzionale 10 novembre 2011, n. 300 con cui è stata dichiarata infondata la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 5-bis della legge provinciale n. 13, cit. (come introdotto ad opera dell’articolo 1 della legge provinciale 22 novembre 2010, n. 13 e rubricato ‘Giochi leciti’), sollevato – fra l’altro – in relazione all’articolo 117, secondo comma, lettera h) della Costituzione. Anche sotto tale aspetto, infatti, ciò che rileva ai fini del decidere non è la riconosciuta conformità a Costituzione di una disposizione di legge provinciale (peraltro, successiva rispetto all’adozione del provvedimento impugnato in primo grado) volta – fra l’altro – a tutelare fasce di consumatori psicologicamente deboli, quanto – ancora una volta – la diversa e dirimente circostanza per cui la Provincia appellante abbia fondato il provvedimento di diniego impugnato in primo grado su un paradigma normativo non pertinente.
4. Per ragioni in parte analoghe a quelle appena esposte, neppure può trovare accoglimento il terzo motivo di appello con il quale, come anticipato in narrativa, si è chiesta la riforma della sentenza in epigrafe per la parte in cui statuito che il diniego impugnato in primo grado fosse viziato per difetto di istruttoria e di motivazione in relazione al complesso delle circostanze rilevanti ai fini della scelta relativa all’apertura o meno di una nuova sala giochi.
Ed infatti, una volta stabilito (in base alle ragioni dinanzi esposte sub 2) che le previsioni di cui all’articolo 4 della più volte richiamata legge provinciale del 1992 non potevano costituire un corretto parametro per valutare l’istanza di rilascio del titolo abilitativo all’apertura di una nuova sala giochi, viene meno il rilievo che, ai fini del decidere, potrebbe essere esercitato dall’esame in ordine all’effettiva ‘adeguatezza’ della domanda esistente in loco, secondo le prescrizioni di cui alla lettera a) del primo comma della disposizione da ultimo richiamata.
5. Neppure può trovare accoglimento il quarto motivo di appello con il quale si è lamentata la mancata valutazione, da parte dei primi Giudici, delle prescrizioni rinvenibili nel decreto del direttore generale dell’Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato dd. 27 ottobre 2003 il quale determina il numero massimo di apparecchi e congegni di cui all’articolo 110 del T.U.L.P.S. che possono essere installati presso esercizi pubblici, circoli privati e punti di raccolta di altri giochi autorizzati.
Al riguardo ci si limita ad osservare che le prescrizioni rinvenibili dal decreto in questione non possono valere a conferire legittimità a un provvedimento di diniego che, per le ragioni dinanzi esaminate, risultava illegittimo in quanto adottato sulla base di un paradigma normativo non pertinente.