(Jamma) – Lo scorso 31 luglio la Repubblica di San Marino ha approvato il decreto che permette al paese di poter offrire giochi d’azzardo. Un cambiamento che ha diviso gli abitanti di San Marino, c’è chi ritiene imminente l’apertura di un casinò e il superamento dell’accordo italo-sammarinese del 1953 che impegna la Repubblica di San Marino a non permettere nel proprio territorio l’impianto o l’esercizio di case da gioco. Sono molti, invece, gli abitanti di San Marino preoccupati per il pericolo della diffusione del fenomeno del gioco d’azzardo patologico. Nessun gioco d’azzardo, solo una misura per assicurare competitività al settore. Claudio Felici, il segretario di Stato alle Finanze, ha spiegato così il decreto 126, sui giochi, che ridefinisce i limiti della legge del 2000. Soddisfatto del decreto che, tra le altre cose, apre al poker e al black jack, anche fuori dall’ambito dei tornei, è naturalmente il direttore della Giochi del Titano, Salvatore Caronia, secondo il quale serviva una risposta urgente all’offerta che si trova in Italia. In questo momento di accesso dibattito, ma anche di profonda riflessione tra gli abitanti della piccola Repubblica, abbiamo sentito l’ing. Francesco Gatti che qualche anno fa finì sulle prime pagine di tutti i giornali di San Marino quando, da esperto dei giochi e nella veste di membro del CDA dell’Ente di Stato per i giochi immaginava una evoluzione ed un futuro per le case da gioco sammarinesi.
Ing. Gatti, quale era la proposta per cui ha ricevuto tante critiche dai media di San Marino? Credevo naturale portare all’evoluzione una sala (dove di fatto il gioco d’azzardo esiste da tempo sotto forma di Keno), in un casinò telematico a tutti gli effetti. Con macchine automatiche competitive con quelle italiane e con un gioco aperto ad altre tipologie rispetto a quel surrogato di Bingo che di fatto è il Keno. L’opinione pubblica, scandalizzata dalle mie idee e mal informata dai politici locali, è stata prima indirizzata a credere che in realtà il gioco d’azzardo non esistesse nel piccolo Stato, poi a battezzare come indigeribile qualsiasi evoluzione del proprio sistema di offerta del gioco. Cosa è cambiato rispetto ad allora? Finalmente si è arrivati a valutare quell’evoluzione in maniera programmatica e costruttiva. Solo che si sono persi 6 anni. 6 anni nei quali il mercato del gioco è cambiato e progredito, sei anni che hanno determinato un mutamento tanto radicale dell’offerta di gioco che attualmente qualsiasi proposta di offerta “automatica” è, di fatto, conservatrice. Si chiede il gioco serio. E qui nasce un problema.
Che tipo di problema… Un problema grande come una casa che la politica nazionale italiana è stata già chiamata a valutare seriamente. Non preoccupa la nascita di un casinò più o meno in linea con gli accordi che legano dal 1953 l’Italia a San Marino ai quali è vietata l’organizzazione di gioco d’azzardo. (che ripeto, esiste di fatto da molti anni come KENO). Preoccupano le conseguenze, a catena, sul territorio limitrofo a quello sammarinese. Se si apre un casinò reale (e non telematico, formulato su macchine automatiche più o meno performanti come quelle italiane e quindi “tollerabili”), si porta l’Italia a dover rivalutare “de facto” l’apertura di nuovi casinò. Questa situazione, in un clima infuocato dalle polemiche legate alla ludopatia, al giro d’affari che sottace (gli specialisti – ammesso che ve ne siano – costano, anzi, si fanno pagare – a peso d’oro!) e all’incertezza normativa Italiana nel riordinamento del comparto produttivo della filiera gioco, rischia di scatenare la rincorsa all’azzardo di “provincia” con le cittadine limitrofe San Marino in pole position per l’aggiudicazione di quello che sarebbe il quinto casinò Italiano dopo oltre 50 anni. Mi pare che si rischi il tracollo di quell’equilibrio sostanziale che si è creato nella distribuzione del gioco pubblico e che questo possa portare a una rimodulazione esasperata dell’offerta gioco. Non interessa molto quello che succede in un piccolo stato come San Marino, e nemmeno se le proposte violino o meno un trattato vecchio di 60 anni; interessa però la reazione, normale, logica e puntuale che la politica avrà. Interessa la posizione che molti parlamentari “romagnoli” potranno invocare a seguito dell’apertura a giochi “lavorati” (termine tecnico per intendere i giochi non automatici) e alla querelle che innegabilmente potrà accompagnare questa discussa (e discutibile) iniziativa.
Allora cosa dovrebbero fare a San Marino? Non credo convenga, puntare a una “guerra dei poveri” inseguendo l’utopistica idea di rilanciare il turismo attraverso il gioco. Il gioco lo si trova ovunque senza spostarsi. Si gioca LIVE da casa, si gioca nelle sale (anche a S.Marino), si gioca sui cellulari, sui tablet. La gente mal volentieri si sposta. E nessuno, il sottoscritto in primis che con il progetto KURSAAL in Italia ha perso molto denaro, crede che il rilancio del turismo passi per iniziative legate a un’attività economica legata al gioco. Non mi risulta che turismo e casinò vadano di pari passo. Almeno non in questa parte del globo. Se si punta a iniziative di questo tipo per fare “cassetta” beh, allora le cose cambiano, ma vanno valutati i pro e i contro. Oggi la concorrenza alla sala di San Marino è composta da piccole sale limitrofe ma se il gioco diventasse più “pesante” ovviamente la concorrenza sarebbe ben più importante a scapito, credo, delle entrate che si vogliono stimolare. Bisogna riflettere bene sulle opportunità, sulle tempistiche e sulle congiunture politiche-economiche. Non serve interpretare un patto interstatale per comprendere l’anacronismo, oggi, di una proposta banale. Probabilmente i tempi sono cambiati, forse anche troppo. Scarica il testo integrale del Decreto 126