(Jamma) “Lei ha il diritto di rimanere in silenzio. Qualsiasi cosa dirà potrà e sarà usata contro di lei in tribunale”. Nell’Italia “dei no”, dello sterile e bigotto moralismo imperante non resta che declinare preventivamente i Miranda Rights prima di affrontare qualunque discussione sul gioco pubblico affidato in concessione dallo Stato. Questo l’incipit di un intervento pubblicato sulla pagina web di un gruppo che fa capo a Chicco Testa, già deputato della sinistra e dirigente industriale. Il Gruppo risponde al nome di “Contro l’Italia dei no”. “Presi da una sorta di isterismo collettivo-scrive Testa- da caccia alle streghe, quasi da indurre a parlare di “ludofobia”, sul  gioco oramai si scambiano le cause con gli effetti, i problemi con le soluzioni, i dati numerici privi di supporti scientifici con assolute certezze matematiche. Il gioco è un’attività liberamente scelta a scopo ricreativo e di svago. Questo da dizionario. Appena si tratta di intervenire sul settore “O tempora! o mores!” di Cicerone pare invece essere il grido ispiratore dei nostri legislatori susseguiti negli ultimi anni. Accade così ad esempio che il comune di Milano, a seguito dell’approvazione del nuovo regolamento edilizio comunale, ha pubblicato nel proprio sito istituzionale la mappa delle zone della città off limits per il gioco legale: questo prevede il divieto di apertura sia delle sale gioco sia delle sale scommesse a meno di 500 metri da scuole, luoghi di culto, impianti sportivi, strutture residenziali in ambito socio-sanitario, luoghi di aggregazione giovanile e oratori, strutture ricettive per categorie protette. Tra i luoghi sensibili anche parchi, cliniche, musei. La fotografia di tutti i luoghi sensibili copre ben il 99% del territorio urbano abitato rendendo quindi di fatto impossibile l’apertura di nuovi punti di gioco legale in tutto il territorio urbano abitato. Seppur spinti da meritevoli intenti, ossia arginare il fenomeno della ludopatia, agli amministratori meneghini sfugge però che il gioco è un’attività insita nell’indole umana e che per evitare eventuali devianze a poco serve porre divieti; così come  sempre a questi sfugge che non esistono dati ufficiali nazionali sulla ludopatia che permettano di quantificare correttamente il cosiddetto gioco d’azzardo patologico (GAP); e, infine, non esistono studi accreditati esaustivi e validamente rappresentativi del fenomeno, così come le distanze poste ad argine hanno come unico effetto l’espulsione di un’attività legale a favore del ritorno del gioco d’azzardo illegale. La storia ci insegna che, per un mero effetto di sostituzione, un’attività legale impedita viene rimpiazzata con una florida attività illegale. Nel caso di specie, quindi, si avrebbe solo un aggravio della situazione poiché i consumatori-giocatori sono  di fatto spinti a soddisfare le loro esigenze in ambienti illegali, non controllati e privi di qualunque tutela nei loro confronti.   Sulle distanze dai luoghi sensibili, così come sulla loro declinazione legislativa non univoca (in alcune disposizioni territoriali si arriva anche a parlare genericamente di “centri di aggregazione”), è intervenuta la magistratura che ha contribuito alla discussione con nuove valutazioni riguardanti le entrate erariali, considerate come interessi costituzionalmente rilevanti. Da ultimo si è espresso il TRGA (Tribunale Regionale Giustizia Amministrativa)  di Bolzano che ha specificato che le norme contenenti le distanze “non impediscono affatto all’erario di incassare gli introiti derivanti dal gioco lecito: gli apparecchi da gioco possono infatti essere ricollocati in luoghi considerati non sensibili. Il flusso delle entrate erariali potrà essere così garantito, senza alcun danno sociale e sanitario alle fasce di popolazione considerate più fragili e altrimenti indifese”. Ovviamente quanto enunciato non può valere per Milano e per tutti i comuni che decidano di operare sulla stessa linea. Appare quindi chiaro che una politica così restrittiva conduce solo ad un aumento del gioco illegale, ad un danno delle casse dello Stato senza una vera e concreta tutela del cittadino.